LA CAROGNA E GLI AVVOLTOI
Ma che ci sta succedendo? Ragazzi, non so se ci rendiamo conto, ma stiamo solidarizzando con la persona sbagliata. Sarà demonizzato, sarà vittima suo malgrado di una cosa più grande di lui, sarà pure rimasto coinvolto in una delle più palesi dimostrazioni di incompetenza delle forze dell’ordine da tempo immemore, ma non è certo un innocente. Genny La Carogna sembra uno dei cattivi un po’ macchiette dei cartoni animati, per quanto abbiamo preso a cuore la sua storia e questo snodarsi incredibile di eventi. Invece no, non è così. Genny La Carogna è Gennaro De Tommaso, presumibilmente affiliato ad un clan camorristico, spacciatore, picchiatore, teppista nella migliore delle ipotesi. In sostanza un criminale in piena regola, seppur non coinvolto direttamente nei fatti di Roma di quel maledetto 3 maggio.
Eppure, e vi parlo con il cuore in tasca e lo stomaco in mano, vi dico che siamo perfettamente giustificati. Non è facile districarsi in questa giungla di ingiustizie, di pensieri, parole, opere e soprattutto omissioni. È ancora troppo grande il senso di impotenza. Cinque mesi di indagini senza cavare uno straccio di ragno dal buco, senza venire neppure lontanamente a capo di un fatto che invece dovrebbe avere una lettura relativamente agevole. Tizio spara a Caio, Caio muore e buonanotte a Tizio. In tutta questa storia, di Caio (anzi, di Ciro) si sono dimenticati tutti una settimana dopo la sua morte, almeno al di fuori dei confini campani. Di Tizio, ovvero di quel Gastone che De Santis in Paradiso ne deve avere parecchi, si sente parlare giusto così, en passant. Il più chiacchierato è Sempronio, quello che in tutta la storia non c’entra una mazza. Genny La Carogna, un nome così cool da meritare titoloni e servizi da film horror in ogni telegiornale trash che infesta le tavole di ancora troppi italiani. In fondo ci stupiamo del superfluo. È una vita ormai che il giornalismo da salotto buono ha smesso di essere alla ricerca della verità ed è diventato un’ossessiva caccia alla notizia, soprattutto quando la verità fa poco rumore. O quando ne farebbe troppo. Non dovrebbe neanche più sorprenderci: questi sono gli stessi avvoltoi che aspettano il morto del giorno – fosse anche una ragazzina di 13 anni – per banchettare sulla sua carcassa per mesi, talvolta anche anni. Il morto insolito fa cool, il tamarrone con tatuaggi e tifosi al seguito fa cool. L’assassino fa cool soltanto se è un insospettabile padre di famiglia o uno studente medio-borghese. Se è uno psicolabile fascista amico di gente-che-conta non è cool per nulla, soprattutto quando combina un guaio bello grosso. Lì forse è meglio non ricamarci troppo: non sia mai poi l’amico dell’amico si dovesse arrabbiare.
E allora, visto che siamo poco cool e non abbiamo amici di amici che contano qualcosa, quasi quasi ce le facciamo noi un paio di domande. Ma il Tizio, Daniele De Santis, quello lì, l’assassino di Ciro Esposito, eh sì, quello, quel Gastone lì, ma dove diavolo è? Che sta facendo? Oltre a quelle coltellate comparse su un referto mesi dopo, come per magia, per il resto come procedono le indagini? C’è speranza prima o poi di chiuderlo in carcere e buttare la chiave? Possibile che dopo cinque mesi la novità più grande sia che Genny La Carogna è “un anarchico, che non riconosce la polizia e la sua autorità”? Senza offesa, ma è un po’ come scoprire dopo accurate indagini che Cicciolina sia una donna di facili costumi. Possibile che in cinque mesi si sia riusciti soltanto a delineare il profilo di un ultrà come se fosse… un ultrà? E ora, visto che la Polizia ce li ha tutti schedati, dopo il famigerato Genny quanti altri “anarchici” dal medesimo profilo dovranno essere arrestati in tutta Italia? La risposta nelle prossime puntate: state pur certi che di questa telenovela qui non vi perderete neanche una scena.
di Antonio Papa