CALIMERO DANCE

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L’unico lato positivo del trionfo della Juve a Trieste è che almeno non si parla più della tiritera Rossi-Ljajic, che fortunatamente è andata avanti molto meno del previsto. Merito della Juventus, ma anche del Milan che le ha steso il tappeto rosso. Anche perché in un altro campionato, fosse pure la Ligue 1 o la Liga Sagres (quella portoghese, ndr) state pur certi che Conte il titolo non l’avrebbe vinto. Quindi risvolto positivo un par di ciufoli, probabilmente siamo passati dalla padella alla brace.

Ci siamo goduti (si fa per dire) troppo poco lo scempio del povero Delio Rossi e abbiamo anticipato i tempi di una sofferenza che prima o poi sarebbe arrivata come la mannaia sulle nostre teste. Juventini che scendono in piazza e tutto fanno fuorché festeggiare il trionfo. C’è il leghista che inneggia all’odio “fratricida” contro i napoletani bianconeri (ma ben gli sta, a questi figli ingrati di madre azzurra); c’è il matematico che conta gli scudetti come figurine (28 o 30? ma uno – quello presente – non vi basta?); c’è il nostalgico che già compiange Del Piero (che comunque e vivo e vegeto e – almeno lui – piuttosto festaiolo); c’è poi il guerrafondaio che vede la rivincita baciata dal Signore (degli Agnelli) contro tutto e tutti. Ma non sapete godervi un momento di gioia pura senza inquinarlo con la bile? Niente, è tutto un piangere e recriminare, che si vinca o che si perda si cerca sempre la dietrologia. Il Milan col gol di Muntari, il Napoli col derelitto Mazzarri, l’Inter con i cambi di allenatore, le romane con le paturnie esistenziali e a un certo punto perfino l’Udinese si è messa a fare la vittima dando al Napoli (sì, al Napoli) del privilegiato. Salvo poi raccoglierne i “frutti” contro il Genoa, ma questa è un’altra storia che non racconteremo, e sicuramente non racconterà neanche Giampaolo Pozzo. Insomma, dalla testa della classifica in giù non c’è una squadra che sia felice abbastanza da non piangersi addosso. Vuoi vedere che il nostro campionato oltre che diventare sempre più brutto diventa anche sempre più triste?

In tutto questo, nell’immensa valle di lacrime in cui si è trasformata la serie A, le isole felici sono guarda caso quelle in cui si parla di meno e si lavora di più. Parma, Bologna, Catania, Bergamo e Siena. E anche Udine prima che si facesse contagiare dalla moda dell’alta quota. Testa bassa e pedalare, con risultati tangibili e apprezzati anche lassù. Zitte zitte, mentre i nostri top-team continuano a crogiolarsi nel dolore, queste squadrette di periferia hanno catturato più di uno scalpo, e porteranno nel cuore per tanto tempo l’eco di una stagione trionfale. Non sarà forse perché hanno perso meno tempo a gufare le avversarie e più tempo a giocare a pallone? A buon intenditor…

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