PIPPO, VI MANCA LA GARRA

Mi prendo tutte le colpe, ma ora guardiamoci dentro e capiamo che cosa c’è che non va. Ci ha messo la faccia, Pippo Inzaghi, sperando che adesso i suoi calciatori in campo ci mettano qualcos’altro. Del resto dopo l’Atalanta la situazione sta diventando piuttosto complicata, con la zona Europa League a distanza binocolo e l’Europa-che-conta addirittura a distanza telescopio. Certo, basta un filotto e torna tutto in carreggiata, ma ora come ora sembra difficile rivedere il bel Milan di metà stagione. Quello che, per intenderci, neanche un mese fa accartocciava una rivale diretta come il Napoli. Tempi che sembrano belli che andati.

 

Per provare a capire il problema di questo Milan potremmo citare un allenatore che se la passa un pizzico meglio del Pippo nazionale, e cioè Sinisa Mihajlovic. I campioni sono come la ciliegina sulla torta, prima però dobbiamo pensare a fare una buona torta. Ecco, probabilmente è proprio questo il punto centrale della questione: il Milan è pieno di ciliegine, ma la torta sa di ben poco, è un pan di spagna che alle prime difficoltà si è afflosciato come un soufflé. Tante ballerine, pochi guerrieri. Ci sono giovani in clamorosa crisi di identità, come De Sciglio ed El Shaarawy. Lì davanti c’è anche Menez, uno che spesso perde più tempo a specchiarsi nel suo (immenso) talento che a combinare qualcosa. In mezzo al campo Bonaventura non è certo un mediano, men che meno l’etereo Montolivo. Per non parlare della difesa, con l’involuto Zapata insieme all’oggetto misterioso Alex che sta più in infermeria che in campo. Insomma, gli unici che al momento giusto sanno picchiare sono De Jong (quando non è infortunato) e Rami, che per giunta è stato riesumato dopo un inizio di stagione da desaparecido. Il killer Muntari, avanzo di galera prestato al calcio, giustamente sta per andar via, direzione USA. Va bene la fantasia al potere, sacrosanto il tentativo di svecchiare drasticamente, ma quando il gioco si fa duro devono iniziare a giocare (anche) i duri. Quelli con la garra, per dirla alla charrùa. E i duri, come avete visto, in questo Milan si contano sulle dita col french di Mexes.

 

La situazione è sotto gli occhi di tutti, e il clima circostante non aiuta. Di certo non è stato d’aiuto il presidente Berlusconi, schizofrenico che neanche John Nash: fra l’hip-hip-hurrà di Natale e il “disarmante” del post-Atalanta ci passano in mezzo giusto un paio di settimane; roba da ricovero, altro che beautiful mind. Galliani da par suo ha contribuito al clima rovente piazzando improvvisamente Arrigo Sacchi a fare il supervisore. Non proprio il più comodo dei tutor per Pippo, nonostante le dichiarazioni di facciata. Mosse che servono solo ad arroventare ulteriormente l’ambiente, aggiungendo ansie ad un gruppo che già sembra sull’orlo della famosa crisi di nervi. Prandelli, il tappabuchi Tassotti, perfino un ritorno di Seedorf (ma non era sul piede di guerra?). Da Milanello faranno bene a smentire tutto questo vociare, fare quadrato attorno ad Inzaghi e a dirottare il mercato su qualche uomo di carisma e sostanza. Insomma, dopo Cerci ci vuole qualche Churchill. È così difficile?

 ANTONIO PAPA

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