Ode a Napoli e a chi da migrante la comprende


I napoletani vivono il calcio all’ennesima potenza: si identificano con i propri eroi, diventano loro fratelli, figli, nipoti , in alcuni casi cugini di lontanissimo grado.
Il calciatore che attraversa Napoli e il suo vissuto in egual modo si sente parte integrante di questa città: impara a sentirne gli odori, assaporarne i cibi, bere il suo caffè che oramai da anni è un rito.
Molti di loro vivono vista golfo, scelgono di far nascere i loro figli nella città di Partenope e di Pulcinella, pregano San Gennaro e imparano l’arte della scaramanzia.

Napoli città profana per eccellenza ha la sua triade che l’ha segnata negli ultimi trent’anni. Diego Armando Maradona il Dio, “Marekiaro”Hamsik e il belga napoletano Dries Ciro Mertens.
Sono stati loro testimoni che Napoli non è una città qualunque ma è una seconda pelle, ti si cuce addosso, non riesci a mandarla via, te ne inebri.
Ne sono stati figli – anche se non di nascita – hanno rappresentato al meglio la città, vissuto da napoletani e amato, ricambiati, spasmodicamente la sua gente. Non si sono sentiti di tradire la città: una madre che li ha accolti e amati e davanti a offerte delle squadre più titolate della serie A hanno preferito emigrare e lasciare l’Italia. 

Chi ama non dimentica e i napoletani non hanno mai abbandonato i loro eroi: ancora oggi di padre in figlio ,tramite racconti ne esaltano le gesta e il ricordo. Come Omero nell’Iliade narra del divino Achille anche nella città napoletana scrittori, giornalisti e intellettuali hanno narrato la leggenda di Diego: l’uomo che si fece calciatore e diventò il Dio del pallone.

Purtroppo come si accennava non esistono solo i fratelli e i figli ma anche la categoria dei cugini alla lontana e a quella parte appartengono i “cuori ingrati”: quelli per cui non vale la pena  spendere parole e tantomeno lacrime.
Quelli che hanno abbandonato Napoli nella notte come ladri – passando da re a impostori – e quelli che all’ombra del Vesuvio lasciano solo una lunga serie di crociati. Quelli aspettati due anni credendo nella loro resurrezione, quelli che non si sono sentiti a casa e non hanno aperto il loro cuore all’azzurro.

Questo articolo è dedicato a Napoli, per il soggetto sotto accusa si hanno solo due parole: Ciao Arek. A questa città non mancherai.

Gabriella Rossi

Laurea Triennale in Lettere Moderne conseguita presso l’Università degli studi di Napoli Federico II, laureanda magistrale Filologia Moderna presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Mi diverte molto la fotografia, scrivere, andare ai concerti , viaggiare e ovviamente tifare Napoli.

Translate »