Lo “stile Juve” è morto: in scena la fiera del ridicolo


La fiera del ridicolo che si è consumata nelle circa trenta ore che vanno dal momento in cui alla SSC Napoli è stato notificato il provvedimento della ASL di competenza fino a quando è arrivata l’ufficialità dell’annullamento della gara è qualcosa di grottesco.

La maggior parte dei commentatori sportivi, ha utilizzato il termine “surrerale”. Lo si può comprendere: il concetto è spurio, più neutro, lascia modo a ognuno degli attori di riferirlo agli altri. Ma l’aggettivo più pertinente, a mio parere, è “grottesco”.
Sì, perché la sceneggiata andata in onda nella giornata di sabato sera e prolungatasi per tutta la domenica è  stata ridicolmente  messa in atto dalla Juventus con il placet della Lega Serie A ed è una farsa grottesca, grottesca nella sua accezione di “ridicolo derivante dall’assurdità, di caricaturale, di paradossalmente seppur involontariamente comico”.
Il celeberrimo “stile Juve” è da considerarsi morto e non abbiamo paura di dirlo a chiare lettere.
Ci piacerebbe interrogare l’avvocato Agnelli sullo scivolone della sua Juventus e chiedere al nipote Andrea se non gli sia venuto da sorridere a pronunciare queste parole: “Noi saremmo partiti. Alla Juventus si rispettano i regolamenti, si tratta di principi di lealtà sportiva”.

Serve riepilogarlo: l’ASL campana, temendo che la partita allo Stadium potesse sfociare in una situazione stile Genoa, ha bloccato l’intera squadra del Napoli. E giova ricordarlo a gente come Andrea Agnelli che violare quell’ordine sarebbe equivalso a commettere un reato.
Un reato, al pari di quello per cui sarebbe sanzionato ogni comune cittadino se violasse l’obbligo di quarantena.
Quindi che fastidio gli pseudo giornalisti che hanno montato il caso sul fantomatico accordo tra De Laurentiis e De Luca, e che fastidio gli stessi – eccezion fatta per Piccinini – che non hanno battuto ciglio quando Agnelli ha velatamente affermato che a Napoli  le regole non si rispettano.

A chi giova il teatrino messo su ieri sera, con tanto di diramazione sui canali ufficiali della formazione iniziale, arrivo in pompa magna, arbitri a controllare eventuali buchi nella rete e di tifosi invitati che hanno pure avuto il coraggio di presentarsi?
Il fatto che alla Juventus le regole siano discrezionalmente applicate e applicabili resta una questio tutta italiana, ma è retorico chiedersi che ruolo abbia avuto la Lega in questa pantomima?
Non sarebbe stato più semplice, più corretto, più istituzionale, da parte della Lega, di mediare tra i club affinché vi fosse un rinvio? In fondo, almeno formalmente, rappresenta il Napoli come la Juventus?

Invece no, si è scelto di mandare in scena coloro che ormai sono equiparabili al grado di “mestieranti”, non certo a uomini di sport.
Perché in virtù della decantata lealtà sportiva, allo Stadium non si sarebbe dovuto assistere a quel triste spettacolo.
Con la decisione di assegnare i tre punti a tavolino e il punto di penalizzazione agli azzurri, la palla passa in mano agli avvocati per il ricorso che ci sarà e che nel migliore dei mondi possibili il Napoli vincerà.
Perché ciò che è successo nelle trenta ore che vanno dalla notifica dell’ASL campana fino a ieri sera ha del grottesco.

Ad aver perso non è il Napoli ma il calcio tutto e l’ultimo chiodo alla lapide l’ha messo la Vecchia Signora.
Loro rispettano i protocolli, i loro protocolli e se ne infischiano delle leggi perché per loro, in fondo, “vincere è l’unica cosa che conta”.
Pandemia o no, regolamenti da rivedere, situazioni da analizzare ma la domanda resta sempre la stessa da anni: è davvero questo il calcio che vogliamo?

Gabriella Rossi

Laurea Triennale in Lettere Moderne conseguita presso l’Università degli studi di Napoli Federico II, laureanda magistrale Filologia Moderna presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Mi diverte molto la fotografia, scrivere, andare ai concerti , viaggiare e ovviamente tifare Napoli.

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