“Il dito contro”: la Lanterna si è spenta
“Con quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così che abbiamo noi che siamo nati a Genova” cantava Paolo Conte e oggi c’è la Genova calcistica – che parafrasando un altro cantautore, Fabrizio De Andrè – ha la stessa faccia, lo stesso umore anche se con la divisa di un altro colore.
Sampdoria e Genoa occupano le ultime due posizioni in serie A, un punto a testa, tanto disordine e malumori, due nuovi allenatori a campionato iniziato da appena una manciata di giornate.
Alla Sampdoria è arrivato – per sostituire ancora una volta Eusebio Di Francesco – Claudio Ranieri, con la sua esperienza per ridare spirito ad una squadra che reduce dall’esperienza con Marco Giampaolo non si è dimostrata pronta per supportare ancora un allenatore che fa del “bel gioco sopra ogni cosa” un diktat assoluto. Al Genoa – ci piace pensare per spirito di contraddizione rispetto ai cugini – al posto di Aurelio Andreazzoli è stata annunciata un’ex bandiera rossoblù, il brasiliano Thiago Motta. È giovanissimo il nuovo tecnico il quale ha dalla sua la conoscenza dell’ambiente e sa cosa significa lottare per permettere al Grifone di volare in alto.
Due nuovi allenatori, facce della stessa medaglia di una Genova calcistica che fatica a ritrovarsi, messi a forza su due panchine ricche di storia: quella del pluriscudettato Grifone, avversario tignoso per chiunque e che ha spesso divorato tra le sue fauci ostici avversari; e quella della Sampdoria che ha vissuto la sua splendida avventura negli anni novanta con la magica coppia formato europeo composta da Mancini e Vialli.
Due storie importanti, oscurate negli anni fa due presidenti diversi ma specularmente importanti: Preziosi e Ferrero. L’uomo manager Preziosi in grado di scovare talenti per rivenderli al triplo e che oggi compra giocatori tre volte il costo di quel che valgono, per Massimo Ferrero non servono presentazioni; uno showman, croce e delizia per i tifosi doriani, le cui interviste contano milioni di visualizzazioni sul web ma che spesso hanno ben poco a che fare con il calcio.
Presidenti e loro mal grado simboli di due storie ormai sbiadite, di due squadre che ormai con quella straordinaria, brillante e sgorbutica Genova c’entrano pochissimo. Entrambe arrancano da anni in quel limbo che è la mezza classifica e fa male a chiunque ami il calcio vederle lì in fondo che se la stagione finisse oggi scivolerebbero in serie B, privando il campionato maggiore di uno dei derby più affascinanti per storia e tradizione, non soltanto legate ai fatti di campo.
I genoani e i sampdoriani sono due tipologie di tifosi totalmente diversi ma speculari e meriterebbero allo stesso modo di poter sognare e non essere soltanto spettatori paganti di un gioco di cui dovrebbero essere tra i protagonisti. Certe volte basta un allenatore per risollevare le sorti di un nobile decaduto – si guardi alla Dea di Gasperini – ma purtroppo molte volte non basta: ci vuole tempo, fatica e persino totali rifondazioni. Il “dito contro” di questa settimana punta alla “Lanterna” che s’è spenta con la speranza che una scintilla alimentata o dalla giovane incoscienza o dall’antica maestria possa riaccendere la luce.
Perché Genova è una città che non merita il buio, non merita di stare nell’ombra.