Geraci:”Ho rifiutato due volta la chiamata di Sarri”

Ma questa chiamata di Maurizio Sarri è arrivata o no?

«E’ arrivata. Anzi ne sono arrivate due, sempre tramite il suo secondo Francesco Calzona. La prima volta il 16 giugno, però il presidente De Laurentiis era già in parola con Alessandro Nista, io avevo già un contratto col Pavia, anche se il direttore Londrosi mi disse che mi avrebbe lasciato andare. La seconda un mese fa, prima di Napoli-Juventus, perché Nista ha avuto un problema e il Napoli ha dovuto prendere un altro preparatore. Ma sarei dovuto andare come collaboratore, perché con un doppio tesseramento sarebbe scattata la squalifica. Certo, è uno di quei treni da prendere al volo, che passano una volta sola. Il coronamento di una carriera ventennale. Ma devo dire che a Pavia mi trovo benissimo e mi piace il progetto della società».

Tanto di cappello ad Alfredo Geraci, allenatore dei portieri, che messa da parte la grande chance è tornato a dedicarsi agli altri colori azzurri, quelli del Pavia.

Anche Sarri è toscano, nato casualmente a Napoli, dove Geraci ha iniziato la carriera nella Primavera.

«Sì, sono stato lì due stagioni. C’erano i vari Caffarelli, Amodio, Celestini, Musella, Iacobelli, Raimondo e Vincenzo Marino, De Vitis, i ragazzi di Mario Corso, quasi tutti arrivati tra i professionisti. Feci anche una panchina in serie A a San Siro col Milan, vincemmo con un gol di Raimondo Marino al 90’, l’allenatore era Luis Vinicio».

Come mai la Primavera nel Napoli?

«Io ero stato acquistato da un privato, all’epoca non c’erano procuratori. Prima mi portò nelle giovanili della Pistoiese, poi al Napoli. Mi avrebbero dovuto valutare a fine anno, ma Juliano – lo ricordo come se fosse ieri – disse che la società non avrebbe più speso soldi per un calciatore. Io ero super considerato, ma questo privato chiese 8 milioni di lire, una cifra altissima 35 anni fa. Da Napoli andai a Empoli».

Poi tutta la carriera da calciatore in Toscana, invece da preparatore dei portieri in giro per l’Italia e anche all’estero.

«Sì, prima in Bulgaria, in serie B. Ma da lì sono scappato, le scommesse erano all’ordine del giorno. Poi conobbi un manager che mi portò al Viktoria Zizkov, nella serie B della Repubblica ceca. Erano quinti-sesti e volevano salire in A. Siamo stati i primi allenatori italiani, il tecnico era Giancarlo Favarin, preparatore atletico Enzo Cestaro. Fu un bella esperienza, per un punto non salimmo».

Geraci da giocatore veniva definito «istrionico» e «vulcanico». E’ vero che per fare il portiere bisogna essere un po’ matti?

«Più che matti un po’ estroversi. Adesso però considero il portiere un ruolo di intelligenza perché deve anche saper giocare con i piedi, leggere la partita, essere bravo nelle uscite. Se hai un portiere bravo la differenza la fai. L’anno scorso Facchin ha salvato almeno sette-otto partite».

E’ sempre possibile dire con certezza quando un portiere fa un errore?

«Sì, ma non per quello che si dcie “perché non può prendere gol sul primo palo” o “le palle al limite dell’area piccola sono sue”. Sono considerazioni buone 50 anni fa, con un pallone che andava a uno all’ora e senza blocchi in area. Nel calcio moderno sono aumentate le difficoltà per un portiere, perché si vuole privilegiare lo spettacolo. Basti pensare che c’era anche in progetto di allargare le porte. E chi subisce tutto questo è il portiere».

Pepe Reina dice che il portiere non deve aspettare il pallone, ma andargli incontro. D’accordo?

«Certo. Il portiere deve sempre attaccare la palla, negli allenamenti chiedo questo».

Per diventare un grande portiere oltre alla tecnica bisogna allenare la mente?

«Sì, il portiere deve avere qualcosa in più degli altri. Ho conosciuto tanti portieri che in allenamento non facevano granché, ma in partita avevano una buona lettura. Prendiamo uno come Neuer, che chiede qualche riposo in più proprio per lavorare sulla testa. E fa delle cose allucinanti: è uno che non toglie mai lo sguardo da quello che accade in campo, cosa che invece i nostri portieri ogni tanto fanno. Questo vuol dire avere attenzione mentale, serve a percepire subito dov’è il pericolo. E fa la differenza».

LA PROVINCIA PAVESE

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