Borghi a PN:”La Coppa Italia certifica la rinascita del Napoli, ora Insigne è un trascinatore! Su Gattuso…”

Stefano Borghi, noto telecronista di DAZN ed esperto di calcio spagnolo e sudamericano, ha rilasciato un’intervista in esclusiva ai microfoni di Pianetanapoli.it analizzando le prime partite stagionali “post” Covid-19 e il successo del Napoli in Coppa Italia.

Borghi

1) La scorsa settimana il Napoli ha vinto la sesta Coppa Italia della propria storia: in una stagione nata sotto una cattiva stella, quanto può incidere la conquista di un trofeo sul prosieguo del campionato e in vista del futuro?

“È sempre una cosa importantissima vincere un trofeo, è per pochi vincere una coppa. In tanti partono all’inizio della stagione con l’obiettivo di vincere qualcosa, ma quelli che vincono sono pochissimi per cui la conquista di un trofeo è sempre un grande momento. Non è una cosa che capita sovente e di conseguenza va salutata come un traguardo molto importante. Seconda questione: è un trofeo che dà la certezza di partecipare all’Europa League dell’anno prossimo, quindi garantisce la sicurezza di un posto in Europa ed è importantissimo. Terzo: è stato il momento in cui si è certificata in qualche modo la rinascita del Napoli, perché gli azzurri quest’anno, nella prima metà della stagione, si erano fatti fuori da solo, avevano fatto una sorta di harakiri. Invece adesso il Napoli c’è, ha una squadra e un allenatore che ha perfettamente in mano la situazione, che è stimato dai calciatori e dall’ambiente, che è bravo e direi che è un qualcosa di fondamentale perché è veramente un ritorno forte ad essere una squadra vera, e quando è così è veramente notevole perché il Napoli solo quattro mesi fa non era una squadra, ora invece lo è e anche molto forte.”

2) Nei 450 minuti della Coppa Italia il Napoli ha subìto soltanto una rete, tra l’altro direttamente da calcio d’angolo, dando l’impressione di aver trovato una solidità difensiva notevole. Gattuso in queste circostanze sembra non aver badato troppo all’estetica ma risultando estremamente efficace. Si può parlare di squadra operaia?

“Non è che Gattuso non abbia voluto badare all’estetica. Gattuso ha fatto l’unica cosa che si poteva fare, ovvero ricominciare a costruire la sua macchina e per questo ti devi chiudere. Se fosse arrivato con la convinzione di voler essere belli e di fare calcio spettacolo il Napoli non si sarebbe ripreso. È stato bravissimo a fare lui e a far fare a tutta la squadra questo bagno di umiltà, ha abbassato la squadra, l’ha quadrata, ha cominciato a ricostruirla, è arrivato a prendere quei risultati che danno l’autostima, la fiducia e poi ti permettono anche di piegare a te delle partite che diventano complicate. L’esempio è chiaro: la partita di Verona sei mesi fa il Napoli l’avrebbe persa, adesso invece riesce a vincerla. Gattuso è stato sicuramente un calciatore di sacrificio, Ringhio, il mediano, ma è stato un grande calciatore che ha giocato il grande calcio vincendo due Champions League e il Mondiale. È un uomo da piani alti e ha un’idea di calcio estetico, propositivo ma è anche un uomo molto intelligente e ha capito che in quel momento non si poteva fare, che l’unica chiave era abbassarsi, cercare di chiudersi e usare quello che si poteva usare, ovvero la compattezza ritrovata e così ha vinto il trofeo. Adesso cresce di partita in partita, recuperando pedine. Gattuso è stato favoloso, non solo sul piano motivazionale ma anche strategico perché facendo così ha recuperato il Napoli in pochissimo tempo.”

3) Il Barcellona, avversario del Napoli in Champions League ad inizio agosto, è costantemente trascinato da una divinità calcistica che è Leo Messi. A tuo avviso i partenopei quante possibilità hanno di battere i catalani e accedere ai quarti di finale?

“Secondo me questo discorso non va fatto adesso. Se si comincia a pensare alla Champions e al quarto posto si rovina il lavoro che è stato svolto. Gattuso ha potuto lavorare partita per partita, senza porsi obiettivi e ha ritrovato la squadra. La Champions è lontanissima, bisogna ancora giocare undici partite di campionato, compresse in poco più di un mese, e senza nessuna certezza. È impossibile fare un pensiero coerente e intelligente su quella che sarà la sfida di ritorno, anche perché non sappiamo ancora niente. Adesso c’è da pensare alla continua ricostruzione di questa squadra e al miglioramento di tutto, poi quando saremo a una settimana da quella partita se ne potrà parlare più approfonditamente. Pensarci adesso e svolazzare sarebbe un qualcosa di negativo.”

4) D’altro canto il Napoli ha ritrovato un talento “nostrano” come Lorenzo Insigne, apparso totalmente rigenerato dalla cura Gattuso. Che impressione ti ha fatto il capitano azzurro?

“Io ho visto finalmente un capitano vero, il giocatore che si esprime secondo le proprie qualità e le qualità di Insigne sono note. Ho visto davvero un uomo squadra, un capitano, un trascinatore. L’ho visto sbattersi, non più sbuffare e fare gesti di insofferenza ma dare l’esempio. I primi segnali del cambio di mentalità, del click fatto dal Napoli sono stati dati dal cambio d’atteggiamento di Insigne. Mi fa davvero piacere perché è un simbolo importante, un giocatore fondamentale anche in chiave Nazionale e questo è l’Insigne che deve essere per le sue qualità e per la sua importanza all’interno delle squadre che rappresenta. Sarà sicuramente merito di Gattuso, perché saranno state toccate le giuste corde, ma io ho sempre pensato che Insigne dipendesse molto da se stesso e mi pare che adesso abbia capito come deve essere il vero Insigne, perché così fa la differenza e allo stesso tempo fa fare la differenza ai suoi compagni. Credo che sia una questione non tattica, ma psicologica, temperamentale e carismatica. Insigne ha fatto lo scatto mentale e adesso si vede lontano un miglio che è un leader a tutti gli effetti.” 

5) Sei insindacabilmente uno dei massimi esperti di calcio sudamericano: a tuo avviso c’è una motivazione per cui il Napoli, a differenza dei primi anni di gestione Marino in qualità di direttore generale, adesso sembra non essere più orientato ad acquistare talenti dal Sudamerica? Potrebbe essere una questione di ambientamento?

“Secondo me in questo caso non si può fare un discorso in generale, poi se c’è un posto dove i sudamericani in Italia trovano le proprie sensazioni ideali è Napoli. Evidentemente, in questa fase, chi si occupa del mercato del Napoli ha diverse idee, diverse correnti. Non credo possa esserci un discorso oggettivo su questo. L’investimento più grosso fatto dal club di De Laurentiis l’estate scorsa è stato l’acquisto di Lozano, un giocatore americano che veniva da un campionato europeo ma è pur sempre un calciatore latino. Giuntoli in ogni caso è una persona con molto polso nel mercato internazionale. Adesso vedremo come si muoverà il Napoli in vista della prossima stagione però i nomi che sento fare sono sempre particolarmente interessanti, come Osimhen e Gabriel Magalhaes, calciatori molto bravi indipendentemente dalla loro provenienza. L’importante è che arrivino giocatori di livello, a prescindere dal loro Paese d’origine.”

6) Consiglieresti Agustin Urzi, classe 2000 del Banfield?

“È un giocatore interessante, bisogna vedere in che panni verrebbe impiegato. Credo che una squadra come il Napoli, arrivata ai vertici, abbia bisogno di giocatori fatti, poi vai a fare l’investimento sul giovane da far maturare, come accaduto con Elmas nella scorsa estate. Ad una squadra della caratura dei partenopei servono giocatori pronti e fatti, specialmente in un’estate in cui ci saranno dei cambiamenti perché se ne andranno alcune pedine basilari, come Callejon, e vanno sostituite con giocatori altrettanto basilari dello stesso livello. Urzi ha sia qualità che intensità, per cui è un talento osservato, con caratteristiche davvero interessanti.

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