IL BARÇA PRIMA DEL CAMP NOU: LES CORTS
Nel Napoli più iberico della storia, scopriamo le curiosità, gli aneddoti, il modus vivendi della cultura spagnola
¡Hola!
Se, da appassionati di calcio quali siamo, ci viene detto ‘Barcellona’, la nostra mente vola e partorisce pensieri meravigliosi. Anche chiudendo gli occhi, dinanzi a noi si para la mitica ‘samarreta blaugrana’, la maglia granata-blu. E nelle nostre orecchie ci sembra di sentire il caloroso entusiasmo dei tifosi catalani, il coro del loro inno il cui incipit fa esplicito riferimento al campo di battaglia: “Tot el camp es un clam” (“Tutto il campo è un clamore” in catalano). Ecco, il Camp Nou, altra immagine da noi proiettata pensando al Barça. Il tempio immenso e colorato che ha assistito ai tanti successi dei ‘Culés’. Talmente monumentale da farci dimenticare del passato, e di un altro teatro di trionfi. La vecchia casa blaugrana, non lontana da quella di oggi: il Camp de Les Corts.
CATTEDRALE IN PERIFERIA – Ebbene sì: l’attuale Camp Nou sorge proprio nel distretto di Les Corts, fino all’800 comune a sé stante e, dunque, leggermente periferico rispetto al cuore pulsante della Ciutat Vella e dell’Eixample. Proprio in questa zona di Barcellona, alle soglie degli anni ’20, si decide di edificare uno stadio che prenda il posto del già vetusto Camp del Carrer Indústria, risalente appena a una decina d’anni prima ma troppo minuscolo per un club già grande come il Barcellona. Dunque nel 1922, su progetto degli architetti Santiago Mestres e Josep Alemany, il nuovo Camp de Les Corts prende forma nel tempo record di tre mesi, nel cuore del quartiere, tra Carrer Numancia, Travessera de les Corts, Carrer Vallespir e Carrer Marquès de Sentmenat. L’inaugurazione ha luogo il 20 maggio dello stesso anno con un’amichevole tra il Barça e gli scozzesi del Saint Mirren (2-1 per i catalani il risultato finale). Da allora in poi, per 37 anni Les Corts sarà la piccola, grande casa dei blaugrana, uno dei simboli dell’orgoglio nazionalista del tifo ‘Culé’. Ma soprattutto, il fortino testimone della scalata ai vertici di una squadra che, già all’epoca, allinea tra le proprie fila grandi campioni: il leggendario portiere ‘Divino’ Zamora, Paulino Alcántara, Josep Samitier, Emilio Sagi Barba, Vicente Piera e tanti altri. Alla fondazione del campionato spagnolo a girone unico manca ancora un po’, eppure quel Barcellona ha già raggiunto la sua gloria vincendo svariate volte il campionato catalano e le prime edizioni della Copa del Rey. E fino alla fine del decennio i trionfi si susseguono, compresa anche la prima Liga a girone unico (1928-29), tanto che Les Corts in quegli anni viene soprannominato ‘la catedral del fútbol’. Costruito secondo gli allora canoni dell’impiantistica sportiva, con copertura ad ala d’aereo sulla tribuna centrale, inizialmente può contare su una capienza di 25.000 spettatori. Tale capienza aumenta ulteriormente nel 1926 fino a 45.000, nel pieno dell’Epoca d’Oro del club.
SPLENDORI E MISERIE – Per 37 anni, fino al 1957, questo piccolo gioiello non è stato soltanto teatro di successi e conquiste. Nel 1925 ad esempio, per celebrare il coro dell’Orfeó Català, si organizza un’amichevole tra il Barça e i ‘cugini’ del CE Júpiter; irritati dall’atteggiamento anti-catalanista dell’allora dittatore Primo de Rivera, i tifosi blaugrana fischiano la ‘Marcha Real’ l’inno nazionale spagnolo. Il Governo di Madrid interviene in maniera drastica: la ‘Catedral’ viene squalificata per sei mesi, poi ridotti a tre. Per protesta Joan Gamper, storico fondatore del club e allora presidente, rassegna le dimissioni. Negli anni successivi Les Corts assiste al lento e inarrestabile declino dell’ex squadrone, forte a livello locale ma debole in campo nazionale, malgrado la presenza in rosa di elementi validi come Ventolrà, Escolà, Raich e altri. La Guerra Civile peggiora la situazione: nell’agosto del ’36 i falangisti fucilano il presidente Josep Sunyol, un anno e mezzo dopo una bomba provoca danni ingenti alla sede societaria, poco prima che la città venga conquistata da Francisco Franco. La crisi si aggrava nel dopoguerra, finché nel 1942 il Barcellona rischia addirittura di retrocedere in Segunda División. Alla fine di quella stagione, però, i catalani vincono la Copa del Rey (pardon, del Generalísimo …) in un’emozionante finale contro l’Athletic Bilbao. E’ l’inizio della rinascita. Les Corts s’ingrandisce ulteriormente fino a diventare la casa di 60.000 supporters appassionati, specie dopo il rialzo della tribuna con pensilina di calcestruzzo, opera del valente ingegnere Eduardo Torroja (1943). Lo stadio torna a essere palcoscenico d’élite, negli anni in cui il Barça vince cinque titoli di Spagna, quattro Coppe nazionali e due edizioni della Coppa Latina, antesignana della futura Coppa Campioni. Sono gli anni di Ramallets, Segarra, Basora, Vila, Moreno, Manchón e, soprattutto, del mitico Ladislao Kubala, pietra miliare della storia del Barcellona, in seguito longevo CT delle Furie Rosse. I blaugrana vincono davanti al pubblico amico, sempre orgoglioso delle proprie origini. Vincono in Spagna, prendendosi grosse soddisfazioni (non solo sportive) contro la rivale storica Real. Vincono all’estero, ove si fanno conoscere. Dunque, diventano un grande club. Forse troppo grande per un catino che comincia a diventare ancorché strettino a una folla immensa, quasi costretta all’interno del calderone. All’idea ha già pensato l’allora presidente Francesc Miró-Sans, che nel 1954 vedrà, come da lui promesso, la posa della prima pietra del Camp Nou, in quello stesso quartiere e a venti minuti a piedi dal vecchio stadio. Il quale chiude i battenti il 21 aprile 1957: Barcellona-Siviglia 1-1, rete catalana di Kubala. Sulla sua sorte si discuterà per quasi dieci anni, in un dibattito che vede coinvolti club, autorità cittadine e gruppi privati interessati alla riqualificazione dell’area. Nel 1963 il Barcellona approva la demolizione del Camp de Les Corts, due anni dopo il gruppo immobiliare Hábitat acquista l’impianto per 226 milioni di pesetas. Centinaia di soci del Barça si danno appuntamento, commossi e malinconici, il 2 febbraio 1966, giorno in cui la ‘Catedral’ viene buttata giù. Oggi al suo posto sono presenti esercizi commerciali, ma soprattutto giardini, piscine, campo da basket e da hockey su pista. E, proprio dove un tempo sorgeva lo stadio, l’attuale Parc de Les Corts. Non tutto lo spirito antico è stato perso in quel quartiere. Anzi, lo spirito antico sopravvive ancora. Lo spirito di un club che in quel tempio stava per spiccare il volo verso l’alto.
¡Hasta la próxima!